
Da piccola sognavo una famiglia numerosa
Mi è capitato fra le mani un romanzo, “L’anno dei fiori di papavero” di Corina Bomann e mi è capitato quasi per gioco. Devi sapere, infatti, che io sono una degli utenti più attivi della biblioteca della mia città e utilizzo molto il servizio di prenotazione dei libri online, cercando testi in linea con gli interessi dei miei lettori.
Ebbene, ho notato che uno degli articoli più letti recentemente sul blog è “Papavero in un campo di grano” (sì, voi lettori spesso mi stupite, mai avrei pensato che in un family blog, il papavero potesse suscitare tanto interesse) e quindi, ho fatto qualche ricerca sul sito Opac della biblioteca e in vetta all’elenco è spuntato questo romanzo, che ho scoperto essere stato un best seller. Mi ha incuriosito e ho voluto prenotarlo.
Da piccola sognavo una famiglia numerosa
Non farò la recensione del romanzo, sono ancora all’inizio e, soprattutto, sono qui per parlare di altro. Dirò solo che la protagonista è una donna di 38 anni come me (quindi, giovanissima direi…) intenta a percorrere una strada completamente diversa da quella che sognava da piccola. La vita non è stata molto gentile con lei, come non lo è stata con me.
E quindi, niente, questo romanzo mi ha fatto venire voglia di riprendere a scrivere su quelle pagine di blog che avevo denominato “Il mio diario”, senza curarmi troppo di strategie SEO, di indicizzazione, di parole chiave, ma semplicemente scrivendo quello che il cuore mi suggerisce.
Anch’io da piccola sognavo di avere una famiglia numerosa.. 4 bambini, due maschi e due femmine. Ero appassionata di calcio all’epoca e avrei voluto chiamare i miei figli maschi Christian e Daniel, come i figli di Paolo Maldini (mio grande idolo che ho avuto il piacere e l’onore di conoscere) e le femmine Azzurra e Viola, come le mie squadre del cuore: la nazionale e la Fiorentina.
Crescendo non me ne è più fregato una mazza di calcio, seguo solo la nazionale durante i mondiali o gli europei. Così come è cambiata la mia idea sul nome per mio figlio. Crescendo, infatti mi sono appassionata di più alla cultura. Ettore è sempre stato il mio personaggio preferito, forte e valoroso e solo per merito suo (non perché mammina lo ha immerso nelle acque del fiume per renderlo immortale) protettivo e umile nei confronti di tutti. Per me, in assoluto, è lui il vero eroe dell’Iliade.
Ad ogni modo mi è rimasto il rimpianto di non avere avuto una famiglia numerosa. Mi sarebbe piaciuto avere tanti bambini per casa, nonostante abbia sempre risposto in maniera stizzita alla domanda inopportuna “quando fai il secondo?”.. Il secondo non è mai arrivato e questo perché ho perso gli anni più preziosi della mia vita dietro a un uomo che si è sempre dedicato di più al suo lavoro che alla sua famiglia.
Ho passato 13 anni da sola e non come succede in tante famiglie, non sto parlando di un uomo che lavora tanto, che torna tardi a casa la sera… Sto parlando di un uomo che alla sera non torna proprio, che parte da casa la domenica notte per farvi ritorno la notte del venerdì della settimana successiva.. e questo per 13 lunghissimi anni.
Sto parlando di nottate trascorse in solitudine, anche quando Ettore era neonato, alle prese con le mille angosce di una neomamma. Sto parlando di cene consumate in un silenzio assordante. Sto parlando di problemi da risolvere senza poterli condividere, di incombenze da gestire, di tormenti da superare…. Tutto in assoluta solitudine.
Sto parlando di viaggi fatti solo se compatibili con le esigenze dell’azienda e solo se era possibile portarsi dietro il computer, di ferie trascorse in silenzio per non disturbare le telefonate continue con i colleghi, di rimproveri se qualcuno osava disturbare la telefonata in macchina fatta in vivavoce.
Pensi che stia esagerando? Allora ti faccio fare una prova: prova a contare con le tue dita, lentamente… Prova a contare fino a 13… Ti accorgerai innanzi tutto che non ti bastano due mani, ma che te ne serve una terza. Ti accorgerai poi che, arrivata a metà strada ti sarà venuto a noia di contare, ma continua a farlo, lentamente… E adesso immagina… Immagina che ogni dito delle tue mani corrisponde a UN ANNO… Un anno, 365 giorni. Moltiplica 365 per 13 e pensa… Tutto questo tempo trascorso in solitudine. Se per te va bene, ok… Non siamo fatti tutti uguali e può essere che a te non pesi trascorrere 13 anni senza marito, dai tuoi 24 ai tuoi 37, di avere un’intimità con lui 4, 5 o 6 volte l’anno… 7 se l’anno era bisestile.. Può darsi, che tu viva una situazione simile alla mia e che ti vada bene. A me no, però! Quindi ti chiedo di rispettare il mio pensiero..
Ovviamente non poteva che finire un matrimonio del genere, solo che ci ho messo tanto, troppo.. Perché? Perché avevo paura, avevo paura delle ritorsioni che quest’uomo avrebbe operato per rovinarmi la vita. E così infatti è stato. Ha tentato in tutti i modi di rovinarmi la vita, ha cercato di colpevolizzarmi di tutto, di tenermi sotto controllo, dicendo che me l’avrebbe fatta pagare per tutta la mia intera esistenza, ha cercato di mettermi contro i miei amici, le persone che mi stanno vicino… La cosa bella è che ha fatto tutto questo senza successo.
Mi sarebbe piaciuto tanto avere una bella famiglia, al di là del numero di figli.. Una famiglia unita, un marito presente, che mi mettesse al primo posto e non all’ultimo. Purtroppo la vita mi ha riservato un altro destino e adesso non mi rimane che raccoglierne i cocci e cercare di percorrere la strada che desidero tracciare. E’ questo quello che voglio, tracciare e percorrere la mia strada e non vivere la vita che gli altri hanno sempre definito per me. Ma questo è un altro episodio e ne parleremo in un altro articolo.
Tu cosa desideravi da piccola? Scrivilo nei commenti e, se ti va di regalarmi un sorriso, iscriviti alla newsletter e seguimi su Instagram e Facebook! Ti ringrazio di cuore.
Bea
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